9
Gen
2016
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Cosa sta succedendo a Bologna in vista delle elezioni

Bologna, oltre ad essere, storicamente, una delle città simbolo della sinistra italiana, è anche – secondo uno dei luoghi comuni più frusti della politica italiana – una città-laboratorio. Si tratta di un luogo comune che però ha qualche fondamento di verità: è stata la città dove il Pci ha provato ad accreditarsi come forza di governo riformista, quella dove è nato l’Ulivo e dove, con il primo V-day, Beppe Grillo ha di fatto fondato il Movimento 5 Stelle.

Anche nelle elezioni del prossimo giugno (la data più probabile sembra il 12, con eventuale ballottaggio il 26) si stanno determinando delle dinamiche interessanti per l’evoluzione di tutte le forze in campo, che potrebbero essere delle prove generali per quello che succederà a livello nazionale. Paradossalmente molto di più di quanto sta avvenendo in città più importanti, come Roma e Milano, dove le dinamiche localistiche sembrano essere più influenti che a Bologna.
Visto che un sacco di amici che abitano in giro per l’Italia mi chiedono cosa diavolo stia succedendo a Bologna, metto in fila un po’ di cose, sullo stato dell’arte a cinque mesi dal voto.


PD
Virginio_Merola_2014_02
Il Pd ha un candidato ed è il sindaco uscente Virginio Merola.
E’ un personaggio poco mediatico che nei suoi cinque anni da sindaco ha frequentato poco i salotti televisivi. La sua giunta ha puntato molto sulla riqualificazione del centro, sulle pedonalizzazioni, sulla sobrietà, sull’immagine internazionale della città, sul rilancio del turismo ed ha preso decisioni su alcune questioni infrastrutturali che erano in sospeso da decenni. In linea di massima non è un grande trascinatore di folle, ma, per il suo stile mai sopra le righe, gode di un certo consenso anche alla luce di alcune decisioni che lo hanno fatto apprezzare dall’ala sinistra del Pd (a luglio ha riallacciato l’acqua ad un immobile occupato, è stato in prima fila per la trascrizione dei matrimoni gay contratti all’estero). All’interno della dialettica del Pd, Merola non è ben collocabile: renziano senza essere un ultras, ha sempre avuto un atteggiamento abbastanza distaccato rispetto ai dibattiti interni.
Dentro il suo partito c’è chi ha provato a fargli le scarpe, poi, dopo una lunga discussione e un paio di sondaggi a lui favorevoli tutti si sono messi a sostenerlo più o meno convintamente. Compresi i dirigenti locali del Pd che gli avevano fatto la guerra, che hanno capito benissimo che un’eventuale sconfitta bolognese metterebbe la parola fine a più di una carriera politica in ascesa, come avvenne nel 1999 quando Guazzaloca sconfisse la sinistra.
Il Pd a Bologna rimane un partito organizzato e con un certo seguito: certo, niente di paragonabile a ciò che era fino a vent’anni fa, ma con sezioni attive, la forza economica delle cooperative alle spalle e la macchina di partecipazione delle feste dell’Unità, ha ancora la possibilità di mobilitare un certo consenso.
L’opzione di una sconfitta non viene presa nemmeno in considerazione, mentre la vittoria al primo turno, stavolta, sembra un’impresa piuttosto complessa, anche se non impossibile, da raggiungere.
CENTRODESTRA
Matteo Salvini ha scelto Bologna per organizzare la sua manifestazione nel quale si è presentato sul palco con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni. La scelta del candidato, tuttavia, rimane lontanissima. La Lega ha candidato Lucia Borgonzoni, consigliera comunale. In campo c’è anche Galeazzo Bignami, consigliere regionale 40enne, campione di preferenze, di Forza Italia ma con un pedigree (come suggerisce anche il nome) di destra-destra e non particolarmente amato dai vertici del suo partito per la sua allure da rottamatore.
L’obiettivo è portare il centrosinistra al ballottaggio. Dal 1999, dalla storica vittoria di Guazzaloca, il mantra del centrodestra bolognese è: ‘serve un civico’, per prendere voti anche a sinistra. Qualcuno sogna di ricandidare (come già nel 2009) l’imprenditore e padre del Motor Show Alfredo Cazzola. Altrimenti rimane molto più che un’ipotesi la candidatura di Ilaria Giorgetti, presidente del Quartiere Santo Stefano, l’unico di Bologna in mano al centrodestra. E’ indipendente rispetto ai partiti, ha molti estimatori ed è cognata di Maurizio Sacconi.
Rimane l’incognita Ncd-Udc: Lega e Fdi non vogliono alleati che a Roma stanno con Renzi, Forza Italia lavora per una mediazione. Per mesi c’è stato un certo attivismo da parte del minsitro dell’ambiente, bolognese doc, Gian Luca Galletti. Rimasto però schiacciato, con i suoi, fra un’alleanza impossibile con il Pd (che peraltro non avrebbe avuto la minima intenzione di regalare ai centristi il sindaco della sua città simbolo) ed una molto complicata col resto del centrodestra.
M5S
bugani
Anche per il Movimento 5 Stelle Bologna è una città dal forte valore simbolico. Con il primo V-day, quello del 2007, svoltosi in piazza Maggiore, il M5S è nato come soggetto politico. Qui ha ottenuto i primi risultati elettorali degni di nota, ha eletto i primi consiglieri. In regione, a Parma, ha conquistato la prima città importante. Ma qui sono venuti fuori, prima che altrove, anche gli scontri, con il seguito di espulsioni ed epurazioni.
Il candidato c’è già e si chiama Massimo Bugani. Già candidato sindaco cinque anni fa, è stato capogruppo in
consiglio comunale ed è considerato un fedelissimo di Grillo e Casaleggio. Nell’ultima edizione di Italia a 5 Stelle a Imola è stato il ‘presentatore’, rimanendo sul palco per due giorni di fila. La sua candidatura è stata, praticamente, decisa dall’alto. Non c’è stata, infatti, come da tradizione (e forse è la prima volta che avviene nella storia del movimento) nessuna votazione, nessuna consultazione, nessuna scelta della base.
Anche se la scelta di Bugani è apparsa in qualche modo ‘naturale’, una parte consistente della base grillina si è rivoltata, con documenti e lettere aperte in cui si chiedevano primarie. Ad una prima apertura è seguita, pochi giorni dopo, l’espulsione di Lorenzo Andraghetti, che si era candidato a sfidare Bugani. La mancanza di primarie è stata giustificata con questioni regolamentari, di tempi e di scadenze che, anche se ci sono state, non sono state pubblicizzate come fa tradizionalmente il Movimento 5 Stelle. Resta da vedere se questa spaccatura si tradurrà in una penalizzazione elettorale.
Il Movimento 5 Stelle, a Bologna, ha come obiettivo dichiarato quello di portare Merola al ballottaggio.
SINISTRA
A sinistra del Pd c’è un grandissimo movimento.
Si è formata la ‘Coalizione civica’: promossa da Mauro Zani, ex deputato Ds in polemica feroce col Pd, è formata da una vastissima platea di sigle e ‘sensibilità’: ex rifondazione, pezzi di Cgil, i civatiani di ‘Possibile’, grillini dissidenti, esponenti di centri sociali. La coalizione civica si è messa in moto da mesi, con un certo attivismo mediatico. Le viene imputato però di avere una posizione di opposizione più nei confronti di Renzi e del suo modo di intendere il Pd che non di come sia stata governata Bologna negli ultimi cinque anni.
Il primo effetto politico è stata la spaccatura di Sel che negli ultimi cinque anni è stata fedele alleata di Merola e che in Regione governa con Bonaccini ed il Pd. Una parte del partito si è unita alla coalizione civica, un’altra parte, fra cui i vertici cittadini, ha dichiarato di lavorare per Merola. Il partito nazionale, come risposta, ha commissariato la federazione bolognese, imponendo un’alleanza con la Coalizione civica.
I ‘meroliani’ di Sel, alla fine, potrebbero dar vita ad una lista civica che copra a sinistra il bis del sindaco. Potrebbe guidarla (come del resto già avvenne nel 2011) Amelia Frascaroli, assessore uscente al welfare, cattolica, prodiana, in prima fila nella gestione degli effetti degli sgomberi delle occupazioni di case. A lei potrebbero aggiungersi altri esponenti indipendenti di sinistra che possono riuscire a mobilitare significativi pezzi di città. Con questa, al momento ipotetica lista, il Pd ha un rapporto conflittuale: sa che è l’unica speranza per evitare il ballottaggio, ma potrebbe anche togliere moltissimi voti al partito.
Tornando alla ‘Coalizione civica’, invece, non ha ancora affrontato il nodo del candidato sindaco, un tema delicatissimo sul quale le diverse anime potrebbero entrare in contrasto fra loro. Se ciò non dovesse succedere e il rassemblement di sinistra improntasse la sua campagna elettorale sulla diversità ontologica ancor prima che programmatica rispetto al Pd, l’osservazione dei suoi risultati sarebbe uno degli aspetti più interessanti delle elezioni bolognesi.
FATTORE ‘P’ 
Da un paio d’anni a questa parte nella politica bolognese si parla moltissimo di procura.
Le inchieste della procura di Bologna furono protagoniste delle ultime elezioni regionali (novembre 2014). Il presidente della Regione Vasco Errani si dimise dopo che la corte d’appello lo condannò (condanna poi annullata dalla Cassazione) per falso ideologico, per aver firmato una dichiarazione che la procura di Bologna ritenne reato. I possibili candidati del Pd facevano tutti parte di una maxi inchiesta che riguardava i rimborsi di tutti i consiglieri regionali: la posizione di Stefano Bonaccini venne stralciata a seguito di un chiarimento (gli furono contestati rimborsi irregolari per alcune migliaia di euro che lui dimostrò essere legittimi). Lo stesso trattamento non venne riservato ad altri potenziali candidati, come Matteo Richetti, prosciolti solo mesi dopo.
E’ stata la procura ad ordinare alcuni sgomberi di case occupate o del centro sociale Atlantide, le questioni che più hanno messo in fibrillazione la politica bolognese negli ultimi mesi. La procura ha iscritto al registro degli indagati sia Merola sia la Frascaroli, per abuso d’ufficio, per aver riallacciato l’acqua, nello scorso luglio, ad un immobile occupato dove erano anche dei minorenni. Alcuni magistrati hanno querelato per diffamazione i capigruppo di Pd e Sel per aver criticato questa scelta.
Il clima, insomma, non è dei più sereni.
FATTORE ‘Z’
zuppi
Infine, ma non meno importante, c’è il fattore Z, che sta per Zuppi, ovvero il nuovo vescovo di Bologna. Da dicembre, infatti, Matteo Maria Zuppi, romano, prete di strada, vicino alla comunità di Sant’Egidio ha interrotto in maniera piuttosto brusca, e molto in linea con papa Francesco, la tradizione ultradecennale di vescovi bolognesi ultra-conservatori.
Nella chiesa bolognese è stato un piccolo terremoto: sono cambiate radicalmente le priorità e le parole d’ordine, nelle sue tante apparizioni natalizie Zuppi si è rivelato agli antipodi del suo predecessore Carlo Caffarra, sia nei modi che nei messaggi. Ha parlato di poveri, di rifugiati, di emergenza casa, di accoglienza e di misericordia, quando il precedente arcivescovo non perdeva mai l’occasione per richiamare i fedeli sui temi della famiglia, dell’etica e, ultimamente, anche dell’identità cristiana.
Una rivoluzione che ha spiazzato un po’ tutti, a cominciare dal Pd bolognese che a tutto era abituato fuorché ad essere scavalcato a sinistra dalla Curia. In città l’influenza della Chiesa è molto più importante che altrove e non solo perché (avendo ereditato la multinazionale dei cancelli Faac) è una delle diocesi più ricche del mondo. Fino a 155 anni fa Bologna faceva parte dello stato pontificio ed un’anima papista e clericale è sempre convissuta al fianco di quella comunista.
D’altronde queste sono cose che dallo spirito di una città non è che si possono cancellare così, da un secolo all’altro.
(pubblicato su Gli Stati Generali)
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