3
Ott
2014
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Le tessere del Pd sono come il curling

Ho una notizia sconvolgente: che ci crediate o no, In Italia, perfino nella politica, addirittura dentro il Pd, accadono cose per le quali non è merito o colpa di Matteo Renzi.

Il calo degli iscritti del Pd è un dato, verificato ed incontrovertibile.

Fra chi ha analizzato questo dato, in molti hanno detto inesattezze, altri clamorose cavolate. Qualcuno perché non conosce a sufficienza il Pd, qualcuno perché, pur conoscendolo anche meglio del sottoscritto, ha preferito strumentalizzare.

Un alto dato di fatto, documentato e incontrovertibile è che il tesseramento del partito, nella sua giovane vita, ha avuto dati altalenanti: i picchi, guarda un po’, si sono verificati sempre nell’anno del congresso.

Il Pd, forte, organizzato e radicato come i partiti della prima repubblica, nonostante le mitizzazioni mediatiche, non esiste più. Esiste solo in Emilia-Romagna (e nemmeno in tutta la regione).  Nel resto d’Italia, compresa la rossa Toscana, di organizzazione e radicamento ha solo un pallido ricordo.

In un partito, come in ogni altra organizzazione complessa, oltre ai leader (fondamentali) servono i manovali. In Emilia-Romagna le tessere si fanno: per abitudine, per tradizione, perché si è sempre fatto così. Ma anche perché ci sono centinaia di persone che gestiscono le sezioni e che si prendono la briga di farle, di portarle agli iscritti e di riscuotere la quota. Esattamente come faceva il Pci fino agli anni Settanta, in tutta Italia.

Oggi, nel resto d’Italia le tessere si fanno, in maniera massiccia solo nell’anno del congresso, affinché i leader locali possano far sentire il loro peso su scala nazionale. Poi più niente. L’iscritto meno coinvolto, quello che non frequenta le sezioni, non partecipa ai dibattiti, non fa il volontario alla festa dell’Unità, se non è coinvolto non va, da solo, a prendersi la tessera.

Nel Partito Democratico il tesseramento è come il curling, ce se ne interessa solo una volta l’anno.

Quello che dico ha una riprova: dei 100mila iscritti al Pd nell’anno 1 dopo Matteo, 53mila sono in Emilia-Romagna, dove i dati del tesseramento (pur aumentando in vista dei congressi) sono sostanzialmente stabili. Quasi tutti fra Bologna, Modena e Reggio Emilia. L’effetto Renzi, nel bene o nel male, pesa per una percentuale infinitesimale: c’è qualcuno che ha stracciato la tessera per colpa sua, c’è qualcuno che si è iscritto per la prima volta grazie a lui. Ma la maggior parte degli iscritti ha la tessera perché qualcuno lo ha coinvolto in prima persona.

Per questo brusco calo, c’è chi ha ipotizzato di abolire l’istituto del tesseramento, come, in pratica, hanno già fatto tutti gli altri partiti. Suggestione affascinante: se possa funzionare non lo so, se sia o meno un bene è una decisione che spetta al Pd e su cui ci si potrebbe dilungare per giorni.

Ma una cosa è fuori discussione: alle organizzazioni complesse, siano essi partiti, società, o grandi associazioni, per funzionare servono regole chiare, condivise, conosciute da tutti, certe e applicabili. E che non possono mai, per nessun motivo al mondo, essere cambiate in corsa. Il partito democratico americano (ad esempio) non ha iscritti: ma le regole per la scelta del successore di Obama si conoscono da anni. E non cambieranno.

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