22
Dic
2014
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Che fine fanno i soldi pubblici

Il Governo ha messo online un nuovo sito web, annunciato da Renzi qualche settimana fa nel quale si dice come vengono spesi i soldi pubblici. E’ un’ottima iniziativa: un sito ben costruito e ben realizzato. La trasparenza nella pubblica amministrazione è una cosa doverosa, alla quale in Italia non si è mai data troppa importanza. In questo sito si può vedere, nel dettaglio, quanto spendono per ogni singola voce di bilancio i Comuni e le Regioni italiane. Questa è una bella cosa, ma c’è un però, grosso come una casa.

Nessun dato, infatti, è disponibile sui ministeri e le amministrazioni centrali.


Posso sapere, ad esempio, quanto ha speso nel 2013 un Comune di mille abitanti per acquistare un computer, posso fare dei confronti, spesso impietosi, fra Regioni di dimensioni simili. Ma non ho la minima idea di quanto abbia speso, per una qualsiasi cosa, un ministero a caso.

E non è certo una questione di poco conto.

L’obiezione è: per anni su questo tema non si è fatto niente, ed ora che si è appena cominciato, arrivano quelli a cui non va mai bene niente, che alzano subito il ditino. E’ un’obiezione fondata, l’accetto, ma rilancio.

Perché i cattivi devono essere sempre i più piccoli? E’ vero, negli ultimi anni nei Comuni e (soprattutto) nelle Regioni, ci sono stati sperperi, malversazioni, malaffare, ed aumentare la trasparenza non può che essere un bene.

Ma è altrettanto vero che i Comuni e (in misura minore) le Regioni sono, per loro stessa natura, più abituati alla trasparenza delle amministrazioni centrali. Perché i cittadini sono più vicini, per l’opinione pubblica è più facile controllare e accertarsi dei risultati. E perché l’alternanza ha dimostrato di funzionare: chi amministra male viene mandato a casa senza troppi complimenti se dall’altra parte c’è un’alternativa credibile.

Nelle amministrazioni centrali è tutto un altro mondo: ci sono centri di potere abituati, da sempre, a non rispondere a nessuno se non, magari, a un ministro che sta lì un paio di anni e poi cambia. Che hanno la forza per resistere anche a un presidente del consiglio dell’energia di Matteo Renzi. Che riescono a permettersi di fare spallucce quando qualcuno chiede loro quella trasparenza che viene – giustamente – pretesa dagli amministratori locali.

Grazie a questo nuovo sito sappiamo, dicevo, quanto spende un comune di mille abitanti per comprare un computer. I cittadini di quel Comune possono fare le pulci al sindaco e chiedergli, magari quando lo incontrano per strada, se era davvero necessario comprare quel computer, se quei soldi potevano essere spesi altrove, se non era possibile pagarlo cento euro in meno.

Ma in quali rivoli finiscano centinaia di milioni che girano nelle amministrazioni centrali a nessuno è dato sapere. E intanto il tema del federalismo fiscale (che avrebbe potuto avvicinare la fiscalità ai cittadini, aumentando il controllo, la trasparenza e le pratiche virtuose) non va più di moda, non se ne parla più, nemmeno fra quelle forze politiche che ne avevano fatto una bandiera.

Centralizzando le spese è più facile essere opachi e nell’opacità è più facile fare cose che non andrebbero fatte. Non necessariamente commettere reati: è una vita più comoda.

E’ per questo che la trasparenza è una delle più importanti battaglie culturali che deve affrontare questo paese. Ed iniziative come il sito “soldipubblici” non sono che da accogliere con entusiasmo. 

A patto, però, che squadernare i conti di Comuni e Regioni non sia un diversivo per tenere nascosti quelli delle amministrazioni centrali. Che, francamente, sono molto più interessanti. 
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