6
Gen
2015
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Quelli che Twitter ha sconfitto il giornalismo (che non hanno capito niente né di Twitter né del giornalismo)

Quando muore un personaggio famoso e qualcuno (un parente, un conoscente), inevitabilmente, ne dà l’annuncio su Twitter o su Facebook, si alzano quelli che dicono che è la prova provata del fatto che Twitter ha sconfitto il giornalismo, le agenzie, i media tradizionali e bla bla. E’ successo anche stavolta in occasione della scomparsa di Pino Daniele. Molte persone intelligenti che conosco l’hanno presa come una cosa sensata. Ma non lo è.

Non lo è perché non capire, o non voler ammettere, che i social network e il giornalismo sono due cose profondamente diverse e quindi impossibili da paragonare, finisce per falsare fin dal principio questa discussione.
I social network arrivano sempre prima dell’informazione tradizionale per lo stesso principio per cui se avviene un omicidio, al bar vicino a dove c’è stato quell’omicidio lo sanno prima che nella redazione di un giornale.
Ma come in un bar, tuttavia, sui social network se ne dicono tante. I social (come i bar) non sono in se né buoni né cattivi: vi si possono raccogliere notizie vere, notizie ottime, storie straordinarie spunti interessanti, suggerimenti utili, bufale e complete panzane. Se i social network fossero l’informazione tradizionale ci sono personaggi che sarebbero già morti decine di volte.
Il problema è che, in questa immensa quantità di voci, è sempre più indispensabile il lavoro di chi verifica, di chi categorizza, di chi dice cosa è vero e cosa no, di chi dice cosa è importante sapere e cosa no. Un lavoro molto utile per la qualità della democrazia e che i social, per la loro stessa natura di di “media non mediato” non fanno.
E’ per questo che, secondo me, nell’epoca di Twitter e dei social network, il giornalismo non solo non è morto, ma non è mai stato meglio. Forse la stessa cosa non si può dire per i giornali (di carta e online), ma non lo si può dire, soprattutto, per una questione economica, non certo culturale.
Nel prossimo futuro, quindi, ci saranno mezzi d’informazione che scriveranno le cose solo quando saranno sicuri che siano vere e le scriveranno perché riterranno che quelle cose sono utili per l’opinione pubblica. Sono quelli che sopravviveranno.
Poi ci saranno quelli che, per convenienza, sciatteria e pigrizia, andranno dietro alle bufale, alle boutade, ad ogni voce che raccolgono. Vinceranno la guerra dei clic di quel giorno, ma non sopravviveranno.
E il giornalismo sarà sempre di più un mestiere non adatto alla gente pigra.

(“Sei troppo ottimista”, mi accuserà qualcuno. E’ probabile. Ma provate ad immaginare le conseguenze se dovesse succedere il contrario)

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